Malattia di Parkinson ed esposizioni lavorative
Postato il 30 ottobre 2011 da redazioneparkinson
Due recenti lavori scientifici (Parkinson e pesticidi, Parkinson e saldatura) studiano il rapporto fra malattia di Parkinson ed esposizioni lavorative. Il Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa dopo l’Alzheimer e la letteratura specialistica sostiene che, nella maggioranza dei casi, abbia origini da una combinazione di rischi genetici e ambientali.
Parkinson e pesticidi
Un gruppo di ricercatori dell’Unità di Neuroepidemiologia dell’INSERM di Parigi (Institut National de la Santè et de la Recherche Médicale) e dell’Università Pierre e Marie Curie sempre di Parigi ha dimostrato in uno studio pubblicato sugli Annals of Neurology (Alexis Elbaz et coll.:“Professional exposure to pesticides and Parkinson’s disease”) che l’esposizione ai pesticidi raddoppia il rischio di comparsa della Malattia di Parkinson fra gli agricoltori.
Questo rischio aumenta in funzione degli anni di esposizione e, negli uomini, è legato principalmente all’utilizzo di insetticidi in particolare organoclorurati.
Negli ultimi decenni gli studi epidemiologici avevano dimostrato una associazione fra la comparsa della malattia di Parkinson e l’esposizione professionale ai pesticidi, pur tuttavia gli studi finora disponibili non avevano potuto individuare quale famiglia di pesticidi fosse maggiormente coinvolta in questa associazione. Inoltre tali studi non avevano fino ad ora studiato il ruolo del livello espositivo (relazione dose-effetto).
In collaborazione con la Mutualité Sociale Agricole (MSA), l’equipe di ricercatori ha studiato un gruppo di 224 pazienti colpiti da malattia di Parkinson, confrontati con un gruppo di 557 soggetti sani, tutti iscritti alla Mutualité, sovrapponibili per età e sesso e residenza nello stesso dipartimento territoriale.
L’esposizione a pesticidi che i partecipanti allo studio hanno avuto nel corso della loro intera storia professionale è stata ricostituita in maniera assai dettagliata nel corso di incontri/intervista che questi lavoratori hanno avuto con i medici del lavoro della MSA, in questo modo è stato possibile raccogliere un gran numero di informazioni quali la superficie dei terreni lavorati, il tipo di coltura ed i pesticidi utilizzati, il numero di anni e la frequenza annuale di esposizione ed infine il metodo di applicazione.
I risultati evidenziano che i soggetti affetti da malattia di Parkinson hanno fatto uso di pesticidi con maggiore frequenza e per un numero maggiore di anni rispetto ai controlli.
I ricercatori hanno valutato, inoltre, che gli agricoltori esposti ai pesticidi presentano un rischio quasi due volte maggiore di sviluppare la malattia di Parkinson rispetto a coloro che non ne hanno fatto uso.
Lo studio indagando in maniera dettagliata il rischio di sviluppare la malattia in funzione delle diverse tipologie di pesticidi ha messo in evidenza come gli uomini affetti presentino un rischio fino a 2,4 volte aumentato rispetto ai controlli in relazione ad una esposizione agli insetticidi di tipo organoclorurati.
I pesticidi di questa famiglia che comprende fra l’altro il lindano ed il DDT sono stati largamente utilizzati fra gli anni 1950 e 1990 e si caratterizzano per una persistenza nell’ambiente per numerosi anni successivi alla utilizzazione.
I ricercatori avvertono che non è, tuttavia, possibile sulla base di questi dati escludere un ruolo anche di altri tipi di pesticidi di utilizzo meno frequente.
Infine oltre al ruolo della esposizione a livelli elevati come si realizza in ambito professionale, questi risultati pongono il tema delle conseguenze di una esposizione a dosi di minore intensità.
Parkinson e saldatura
Uno studio statunitense pubblicato dalla rivista dell’American Academy of Neurology (Criswell Sr et al: “Reduced uptake of FDOPA PET in asymptomatic welders with occupational manganee exposure” Neurology Aprile 12:76) mette in evidenza che i lavoratori esposti ai fumi di saldatura presentano un maggiore rischio di sviluppare lesioni cerebrali e, in particolare, la malattia di Parkinson.
Infatti, nelle operazioni di saldatura, viene utilizzato per le sue qualità di reattività e di combustione il manganese.
I ricercatori statunitensi hanno rilevato sulla base dei dati della PET, della Risonanza Magnetica e di test di abilità motorie, che i saldatori presentano una riduzione media di un marcatore della dopamina in una precisa zona del cervello dell’11,7% rispetto ai controlli non esposti ai fumi di saldatura. La dopamina è un neurotrasmettitore che aiuta le cellule nervose a comunicare fra loro. Nei soggetti affetti dalla malattia di Parkinson la dopamina è diminuita in alcune zone cerebrali.
Lo studio, stante il non elevato numero di casi oggetto di studio, non è pervenuto a collegare in maniera definitiva l’esposizione a manganese e la comparsa nei saldatori di alterazioni della dopamina a livello cerebrale.
Gli Autori dello studio hanno stimato che i saldatori nel corso della loro carriera professionale avevano avuto una media di 30.000 ore di esposizione ai diversi fumi di saldatura. Le concentrazioni medie a manganese rilevate nel corso dello studio erano due volte superiori al valore limite.
Ma il manganese non è la sola sostanza per cui esistono sospetti di un rapporto con la malattia di Parkinson, si pensi a mò di esempio al solo piombo.
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